giovedì 8 settembre 2016

Ipocrisia.



«Mi dispiace, non riesco ancora a spiegartelo.»
Il cliente spense la sua ennesima sigaretta sul posacenere di vetro, rimise una mano in tasca e dopo qualche secondo ne accese un'altra.
«Fumi troppo» Uscì fuori dalle labbra dell'uomo dietro il bancone
«Non fumo abbastanza.
Non puoi dire a chi sta male che fa troppo di qualcosa, abbiamo una speciale autorizzazione che ci permette di fare tutto. Stare male è la cosa migliore che ci possa capitare, se spari ad una persona o due, forse ti basterà tagliarti via le gambe per passarla liscia. »

L'uomo dietro al bancone si lascio andare ad un sogghigno e ad uno scuotimento di testa, evidentemente non si trovava d'accordo.
«Tu non stai male»
«Devi essere proprio crudele per dire ad un uomo con il cuore infranto che non sta male»

Il fumo si spargeva fra il cliente e l'uomo dietro il bancone che tossì, non sopportava quando qualcuno fumava nel suo locale, afferrò velocemente la sigaretta dalle mani dell'altro.
«Qui dentro, che tu stia male o no, non si fuma»
«Allora perché diavolo lasci dei posacenere sul bancone?»
«Quello è un bicchiere, imbecille!»

Il cliente guardo per un secondo il bicchiere, si rese conto che non poteva negare la verità, sospirò e si mordicchiò il labbro inferiore, chiuse gli occhi. L'uomo dietro al bancone gli verso qualcosa da bere e poi domandò
«Non mi hai ancora spiegato cosa aveva di così speciale questa tipa»
«Ti ho già detto che non credo di riuscire a spiegartelo»
«Almeno descrivimela»
«Aveva gli occhi che ricordavano il cielo e...» L'uomo dietro il bancone sospirò, scosse la testa e lo interruppe
«Mi aspettavo tu fossi meno banale»
«Aspetta, aveva gli occhi che ricordavano il cielo delle giornate peggiori, quello nero e pieno di nuvole, quello da cui vedrai uscire fuori fulmini e da dove potrai sentire il rombo di potenti tuoni, erano gli occhi di chi sapeva esattamente cosa valeva la pena guardare.
La sua pelle era chiara, troppo chiara, non aveva mai perso tempo ad abbronzarsi, ad abbracciarla sopra il nostro letto sembrava di essere avvolti dal più soffice dei lenzuoli, appena pulito, bianco e incredibilmente morbido. Se ne fregava del parere della gente ma non dimenticava mai il buon gusto, quindi metteva poco trucco e non cercava di nascondere le imperfezioni, i nei che aveva in volto. Ne aveva tre piccolini sul collo, mi piaceva baciarli, mi piacevano così tanto i suoi difetti che non puoi neanche immaginare cosa provassi per i suoi pregi.

Aveva i capelli come spighe di grano, dopo che sono state tagliate e messe sopra un camion, ingarbugliati e spinosi, passavo le dita fra i suoi capelli e rimanevano incastrate fra nodi e ostacoli, quando lo facevo ne tiravo sempre via qualcuno, si lamentava ma sono sicuro che in fondo volesse sempre che continuassi»

«O magari no, magari questa storia che le donne dicono no per dire si è una grossa cazzata inventata da noi maschi per non accettare il fatto che non capiamo un cazzo»

«Forse, preferisco dire che è colpa di entrambi.» Il cliente mandò giù ciò che rimaneva nel bicchiere prima di riprendere a descriverla

«Era più bassa di me, la prendevo in giro appoggiandomi sulla sua testa... sono un coglione.» Un sospiro da parte di entrambi confermava che era vero
«Ma era bellissimo il dolore alle mie braccia, quando la sollevavo per baciarla e dimenticavo di non essere abbastanza forte per farlo. Il suo seno era piccolo, nessuna donna se lo augurerebbe mai, ma su di lei non faceva altro che confermare quanto mi piacesse. Non ha avuto bisogno di un seno grande, di un volto perfetto o di capelli come seta per farmi innamorare. Ogni cosa che guardavi era sbagliata, tranne che lei stessa.»

«E ora che farai?»
«Desiderò altre cose che non posso tenere con me e rovinerò tutto, come sempre»
«Hai mai pensato di, non so, non farlo ad esempio»

Il cliente scosse la testa, pagò il suo bicchiere e si accese l'ennesima sigaretta alzandosi dal suo sgabello, inspirò ancora una volta, e prima di uscire fuori dalle sue labbra uscirono fumo e delle parole.

«Sarebbe terribilmente ipocrita.»