sabato 20 dicembre 2014

Uwe Ti Ama

Quella sera, sotto lo sguardo vigile di una croce e della scritta "Uwe Ti Ama", la fontana al centro di piazza Garraffello pareva essere, come sempre,  l'unica cosa immobile fra le centinaia di ragazzi che ballavano sulle note di una musica incisiva ed esageratamente ripetitiva, fra i fumi che si alzavano dagli artisti del cibo di strada e il solito accumularsi di joint e sigarette.
Stare immobili in un posto dove tutto è movimento non pareva essere un' operazione facile, e se per la pietra di quella fontana non era altro che la naturalità delle cose, per quella coppia non doveva essere stato facile trovare un luogo dove poter stare fermi, le mani di lui che tengono quelle di lei, lo sguardo fra i loro occhi, lei con il solito sorriso e lui con il solito sguardo di chi non ha intenzione di lasciare trapelare le proprie emozioni.

Oliver, lui, è un ragazzo di appena 27 anni, ha avuto fortuna nella sua vita e sebbene abbia provato a studiare psicologia ha deciso di ritirarsi quando tramite i solidi agganci del padre gli è stato permesso di rubare lavoro in un ufficio postale. Li Oliver era diventato un maestro dell'autocontrollo, resistendo ogni giorno alle lamentele degli stupidi vecchi e all'incredibile inettitudine dei suoi colleghi, aveva provato a lavorare bene ma gli era stato intimato di non farlo per non mettere in cattiva luce chi lavora poco e alla fine aveva ceduto. Aveva imparato a lasciar perdere le proprie emozioni ed aveva annullato qualsiasi tipo di sentimento,  in fondo viveva anche bene così, Oliver si definiva contento della sua condizione, apprezzava il bello che poteva trovare in un bicchiere d'alcool e se qualcuno gli avesse chiesto com'era la sua vita lui avrebbe sempre risposto che è meravigliosa, perché in fondo non era una persona ambiziosa, si accontentava del suo semplice equilibrio.

- Dobbiamo parlare - Il movimento delle labbra di Oliver aveva interrotto quella divertente immobilità, così come il sopracciglio di lei che si alza a quelle parole urlate troppo forte per colpa della musica.

Lei, Sophia, ha 25 anni ed ormai è prossima a laurearsi, quel giorno aveva dato l' ultimo esame della sua vita e ora era incredibilmente spaventata, perché sapeva benissimo che diventare dottoressa dopo quel corso di lettere e filosofia non gli avrebbe poi dato alcun vantaggio, non a Palermo almeno. Non gli importava comunque, aveva fatto quello che voleva fare e ne era contenta, voleva viaggiare e aveva scoperto come farlo spendendo veramente pochi soldi e creare una rete di contatti estera sarebbe stato il prossimo obiettivo della sua vita. Sophia era solare, sempre allegra e attiva, parteggiava per centinaia di associazioni diverse e aveva l'abitudine di cambiare spesso colore di capelli, tant'è che ormai nessuno ricordava quale fosse il suo colore naturale. Conosceva un sacco di persone e ne aveva aiutate altrettante, anti-razzista, anti-fascista e incredibilmente gentile, aveva una strana tendenza a fidarsi di chiunque ma nonostante ciò non credeva che la sua vita fosse così bella, era abbastanza convinta che fosse una merda, un po' perché non aveva mai avuto dei problemi reali e quando si sentiva triste per dei semplici problemi di sentimenti pensava che non aveva diritto a essere felice, credeva di essere troppo debole per aver diritto alla felicità.

-Spostiamoci - Disse a Oliver, il sorriso dalle sue labbra era scomparso e presto la loro immobilità con loro, cominciando a fare due passi verso un piccolo vicolo, col buio che li copriva da qualsiasi sguardo indiscreto.

Si erano conosciuti in quello stesso posto qualche mese prima, mentre lui si sentiva solo fra i suoi amici, l'aveva vista scherzare con della gente, non li ricorda che come volti oscurati, si prese di coraggio, mandò giù l'ennesimo bicchiere di Marsala e gli si avvicino mentre con un sorriso le diceva -Grazie, sei l'unica persona vestita bene in questo posto - non era assolutamente vero, ma lei scoppiò a ridere e questo bastava. 
-Mi sento strano ultimamente - Oliver camminava con un passo veramente lento, e quando decisero di fermarsi cerco nuovamente le mani di lei, inutilmente.
-Un po' come se avessi fatto riemergere una parte di me che consideravo sopita- Spiega ancora, le mani che ora vengono portate alle tasche timidamente, quasi volesse coprirle dall'imbarazzo di aver mancato quelle di lei.

Il rapporto fra Sophia e Oliver era stato intenso, era fatto di abbracci e di baci, era fatto di azioni sconsiderate e di giornate passate a guardare la gente passeggiare per  Via Libertà, Sophia aveva scoperto una persona che non la giudicava per i suoi futili problemi, Oliver era grato di essere veramente utile a qualcuno e continuava a mantenere il suo equilibrio costante che lei tanto stava apprezzando, non si erano mai detti che erano diventati una coppia, ma le labbra schiudendosi non avevano avuto abbastanza spazio per parlare.

-Sono geloso, irato, felice e triste, calmo ma pieno di voglia di fare- Oliver abbassò lo sguardo, sorrise debolmente -riuscirai a essere felice dopo che non ci sarò più?-
-Mi stai lasciando? - La domanda di Sophia era chiara, diretta
-Solo perché voglio concludere nel momento più felice-

Sophia piange perché ha pensato stupidamente che si trattasse del solito problema di cuore.
La fontana di Piazza Garraffaello è macchiata dal sangue del collo di Oliver, ora fermo e felice come prima con un sorriso in volto, il coltello ancora in mano e lo sguardo vuoto della morte, era la prima volta forse, che tutta la Vucciria si muoveva in funzione di qualcosa di immobile.

[Questa storia non ha niente di vero e/o autobiografico, prima che qualcuno chiami gli psicologi sappia che sto benissimo di cervello]

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